ABSTRACT
Il lavoro affonda le radici in alcune banali riflessioni fatte prima, durante e dopo la lunga e complessa
gestazione della “Brexit” che ha portato, dopo più di quattro anni di negoziati e, talvolta, a tragiche votazioni
del Parlamento britannico alla rinuncia del Regno a far parte dell’Unione europea. Dal 1951 – data della
istituzione della (prima) Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) – primo e unico caso nella
storia dell’integrazione europea e, si auspica, l’ultimo, confidando ancora nella bontà del progetto europeo.
Ci siamo chiesti se l’homo europaeus è oggigiorno felice.
Gli europei continentali, cittadini degli Stati membri e quindi cittadini dell’Unione europea, le istituzioni e i governi hanno come obiettivo prioritario il raggiungimento della felicità, della “comune” felicità? E se la risposta è positiva quale felicità?
Possiamo affermare che l’emozione della felicità – avventura rischiosa ed eccitante al tempo stesso – varia da persona a persona, da luogo a luogo, da regione a regione, da Stato a Stato? Dal che se ne può ricavare che la “buona politica” aiuta a raggiungere più facilmente la felicità? E pertanto il diritto, che ne è la sua espressione materiale, tangibile e percepibile, è – o potrebbe essere – uno strumento essenziale a tal fine?
Nell’Unione europea che, com’è noto, rappresenta un caso pressoché unico al mondo di processo costituente, (pseudo)federale e pacifico tra Stati sovrani (senza l’uso della forza militare) a che stiamo? I cittadini britannici una volta abbandonata definitivamente l’Unione saranno di nuovo “felici e sovrani”, ovvero, più felici, liberi e sovrani di quando erano anche “cittadini dell’Unione europea”?
Quindi, semplificando, felicità = sovranità? Riacquistare la sovranità (legislativa/decisionale) aiuta ad essere più felici? E liberi? In un mondo globalizzato e sempre più interconnesso? E di conseguenza: integrazione europea versus felicità/libertà?
Quale che sia la prospettiva prescelta vero è che, in questo momento storico, uno studio sulla “felicità” accostato all’integrazione europea – ancorché relativo al fenomeno della Brexit – può sembrare a prima vista a dir poco azzardato se non una vera e propria provocazione. Non si può negare che nell’immaginario collettivo e, da ultimo, in maggior misura dall’insorgere della prima crisi economico-finanziaria del 2008 conseguente al fallimento Lehman Brothers, l’Unione europea è da molti percepita come un costoso ed inutile “carrozzone” sottomesso al volere della Germania senza alcuna utilità per i cittadini.
Percepita. Anzi, secondo la descrizione che ne fanno quotidianamente i partiti/movimenti populisti e sovranisti nonché gran parte dei media – un vero e proprio “lavaggio del cervello” – l’integrazione europea è considerata la causa di tutti i nostri mali, il “capro espiatorio” della condizione di sofferenza (economica, sociale e relativa alla felicità) nel quale versa l’Italia, in particolare, e l’intera Europa integrata.
Se si condivide il tema dell’integrazione “percepita”, unitamente all’atteggiamento incauto e strumentale dei governi nazionali, reiterato negli anni; alcuni atteggiamenti talvolta intransigenti di alcune istituzioni UE che sicuramente sono stati sgraditi dai governi nazionali e dalla popolazione, hanno portato il Regno Unito alla vicenda Brexit che, tuttavia, e questo va sottolineato, alimentava nel Regno Unito già da molti anni e al di là delle reiterate crisi in Europa (covid-19 compresa).
Quanto alla felicità connessa alla Brexit, occorrerà attendere qualche tempo prima di poter valutare le conseguenze reali e, ai fini del presente studio, stabilire chi ne uscirà più “felice” tra i cittadini britannici e i cittadini europei continentali, ovvero, tra gli Stati membri dell’Unione europea e il Regno Unito.
É ancora prematuro tirare le somme di un divorzio che, si badi bene, non è un fatto recente atteso l’atteggiamento ostile del Regno Unito già dal trattato di adesione entrato in vigore il 1° gennaio 1973.
In ogni caso possiamo affermare che Brexit è una sconfitta per tutti. Un indebolimento sia dell’Unione europea sia del Regno Unito.
Affermava Pierre Mendès France autorevole politico ed intellettuale francese che “non bisogna mai sacrificare il futuro al presente”…
Ci siamo chiesti se l’homo europaeus è oggigiorno felice.
Gli europei continentali, cittadini degli Stati membri e quindi cittadini dell’Unione europea, le istituzioni e i governi hanno come obiettivo prioritario il raggiungimento della felicità, della “comune” felicità? E se la risposta è positiva quale felicità?
Possiamo affermare che l’emozione della felicità – avventura rischiosa ed eccitante al tempo stesso – varia da persona a persona, da luogo a luogo, da regione a regione, da Stato a Stato? Dal che se ne può ricavare che la “buona politica” aiuta a raggiungere più facilmente la felicità? E pertanto il diritto, che ne è la sua espressione materiale, tangibile e percepibile, è – o potrebbe essere – uno strumento essenziale a tal fine?
Nell’Unione europea che, com’è noto, rappresenta un caso pressoché unico al mondo di processo costituente, (pseudo)federale e pacifico tra Stati sovrani (senza l’uso della forza militare) a che stiamo? I cittadini britannici una volta abbandonata definitivamente l’Unione saranno di nuovo “felici e sovrani”, ovvero, più felici, liberi e sovrani di quando erano anche “cittadini dell’Unione europea”?
Quindi, semplificando, felicità = sovranità? Riacquistare la sovranità (legislativa/decisionale) aiuta ad essere più felici? E liberi? In un mondo globalizzato e sempre più interconnesso? E di conseguenza: integrazione europea versus felicità/libertà?
Quale che sia la prospettiva prescelta vero è che, in questo momento storico, uno studio sulla “felicità” accostato all’integrazione europea – ancorché relativo al fenomeno della Brexit – può sembrare a prima vista a dir poco azzardato se non una vera e propria provocazione. Non si può negare che nell’immaginario collettivo e, da ultimo, in maggior misura dall’insorgere della prima crisi economico-finanziaria del 2008 conseguente al fallimento Lehman Brothers, l’Unione europea è da molti percepita come un costoso ed inutile “carrozzone” sottomesso al volere della Germania senza alcuna utilità per i cittadini.
Percepita. Anzi, secondo la descrizione che ne fanno quotidianamente i partiti/movimenti populisti e sovranisti nonché gran parte dei media – un vero e proprio “lavaggio del cervello” – l’integrazione europea è considerata la causa di tutti i nostri mali, il “capro espiatorio” della condizione di sofferenza (economica, sociale e relativa alla felicità) nel quale versa l’Italia, in particolare, e l’intera Europa integrata.
Se si condivide il tema dell’integrazione “percepita”, unitamente all’atteggiamento incauto e strumentale dei governi nazionali, reiterato negli anni; alcuni atteggiamenti talvolta intransigenti di alcune istituzioni UE che sicuramente sono stati sgraditi dai governi nazionali e dalla popolazione, hanno portato il Regno Unito alla vicenda Brexit che, tuttavia, e questo va sottolineato, alimentava nel Regno Unito già da molti anni e al di là delle reiterate crisi in Europa (covid-19 compresa).
Quanto alla felicità connessa alla Brexit, occorrerà attendere qualche tempo prima di poter valutare le conseguenze reali e, ai fini del presente studio, stabilire chi ne uscirà più “felice” tra i cittadini britannici e i cittadini europei continentali, ovvero, tra gli Stati membri dell’Unione europea e il Regno Unito.
É ancora prematuro tirare le somme di un divorzio che, si badi bene, non è un fatto recente atteso l’atteggiamento ostile del Regno Unito già dal trattato di adesione entrato in vigore il 1° gennaio 1973.
In ogni caso possiamo affermare che Brexit è una sconfitta per tutti. Un indebolimento sia dell’Unione europea sia del Regno Unito.
Affermava Pierre Mendès France autorevole politico ed intellettuale francese che “non bisogna mai sacrificare il futuro al presente”…
Massimo Fragola è attualmente presidente del Seminario Permanente di Studi Internazionali (SSIP); ha insegnato per trent’anni diritto
dell’Unione europea e diritto internazionale nelle Università del Sannio, di Napoli “L’Orientale” e della Calabria. È stato professore
invitato di diritto dell’Unione europea in numerose università europee e americane. E’ stato consulente giuridico dell’Ambasciata del
Guatemala in Italia (1991-2014) e in varie organizzazioni internazionali. Ha pubblicato numerose monografie e saggi scientifici in
italiano, inglese e francese.
Prossimamente nelle librerie e in formato e-book
Massimo Fragola
“EUROPA E FELICITA’ Prima durante e dopo Brexit”
Luigi Pellegrini Editore 2021
https://www.pellegrinieditore.it