La Corte di giustizia (?atto secondo?) si pronuncia nuovamente sulle concessioni balneari italiane: il resoconto della sentenza 20 aprile 2023 nella causa C-348/22

La querelle del rilascio delle concessioni balneari in Italia a seguito del recepimento della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36) ? nota come direttiva ?Bolkestein? dal nome del Commissario europeo proponente ? che attiene (sostanzialmente) alla concorrenza e alla libertà di stabilimento nel mercato interno europeo, si arricchisce di un nuovo e travagliato episodio giudiziario. Stamattina, giovedì 20 aprile 2023 la Corte di giustizia dell’Unione europea (anche Corte Ue) ha adottato una ulteriore esplicativa sentenza nella causa C-348/22, relativa, sostanzialmente, alla trasposizione nel diritto nazionale della direttiva. La sentenza odierna trae origine da una pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia presentata alla Corte di giustizia il 30 maggio 2022 ai sensi dell?art. 267 del Trattato sul funzionamento dell?Unione europea (TFUE). La controversia riguarda l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) (ricorrente) nei confronti del Comune di Ginosa (resistente) più una serie di concessionari/lidi/cooperative balneari rappresentanti in giudizio, per l?annullamento della delibera della giunta comunale avente ad oggetto le proroghe delle concessioni demaniali marittime rilasciate ai sensi delle leggi n. 145/2018 e n. 77/2020. Le questioni pregiudiziali sottoposte al giudice eurounionale attengono principalmente a sei quesiti principali:

  1. Se la direttiva 2006/123/CE risulti valida e vincolante per gli Stati membri o se invece risulti invalida in quanto ? trattandosi di direttiva di armonizzazione – adottata solo a maggioranza invece che all?unanimità, in violazione dell?articolo 115 TFUE;
  2. Se la direttiva 2006/123/CE presenti o meno oggettivamente ed astrattamente i requisiti minimi di sufficiente dettaglio della normativa e di conseguente assenza di spazi discrezionali per il legislatore nazionale tali da potersi ritenere la stessa auto-esecutiva e immediatamente applicabile;
  3. qualora ritenuta la direttiva 2006/123/CE non self-executing, se risulti compatibile con i principi di certezza del diritto l?effetto di mera esclusione o di disapplicazione meramente ostativa della legge nazionale anche nell?ipotesi in cui non risulti possibile per il giudice nazionale il ricorso all?interpretazione conforme ovvero se, invece, in siffatta ipotesi, non debba o possa trovare applicazione la legge nazionale, ferme restando le specifiche sanzioni previste dall?ordinamento [dell?Unione europea] per l?inadempimento dello Stato nazionale rispetto agli obblighi derivanti dalla adesione al Trattato (articolo 49 TFUE), ovvero derivanti dalla mancata attuazione della direttiva (procedura di infrazione);
  4. Se l?efficacia diretta dell?articolo 12, paragrafi 1,2,3 della direttiva 2006/123/CE equivalga al riconoscimento della natura self-executing o immediata applicabilità della direttiva medesima ovvero se, nell?ambito di una direttiva di armonizzazione quale quella in esame [?si deve ritenere che gli artt. da 9 a 13 della direttiva provvedano ad una armonizzazione esaustiva ?? ex sentenza della Corte Ue del 14 luglio 2016 cosiddetta Promoimpresa (ndr ?atto primo?)], debba intendersi come prescrizione per lo Stato nazionale di adottare misure di armonizzazione non generiche, ma vincolate nel loro contenuto;
  5. Se la qualificazione di una direttiva come auto-esecutiva o meno e, nel primo caso, la disapplicazione meramente ostativa della legge nazionale possa o debba ritenersi di esclusiva competenza del giudice nazionale (al quale sono all?uopo attribuiti specifici strumenti di supporto interpretativo quali il ricorso al rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia ovvero al giudizio di legittimità costituzionale) ovvero anche del singolo funzionario o dirigente di un comune;
  6. qualora invece ritenuta la direttiva 2006/123/CE self-executing, premesso che l?articolo 49 TFUE risulta ostativo alla proroga automatica delle concessioni autorizzazioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo solo ?nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo?, se la sussistenza di tale requisito costituisca o meno un presupposto necessario anche con riferimento all?applicazione dell?articolo 12 paragrafi 1 e 2 della direttiva 2006/123/CE;
  7. Se risulti coerente rispetto ai fini perseguiti dalla direttiva 2006/123/CE e dallo stesso articolo 49 TFUE una statuizione da parte del giudice nazionale relativa alla sussistenza, in via generale ed astratta, del requisito dell?interesse transfrontaliero certo riferito tout-court all?intero territorio nazionale ovvero se, viceversa, stante in Italia la competenza dei singoli comuni, tale valutazione non debba intendersi riferita al territorio costiero di ciascun comune e, quindi, riservata alla competenza comunale;
  8. Se risulti coerente rispetto ai fini perseguiti dalla direttiva 2006/123/CE e dallo stesso articolo 49 TFUE una statuizione da parte del giudice nazionale relativa alla sussistenza, in via generale ed astratta, del requisito della limitatezza delle risorse e delle concessioni disponibili riferito tout-court all?intero territorio nazionale ovvero se, viceversa, stante in Italia la competenza dei singoli comuni, tale valutazione non debba intendersi riferita al territorio costiero di ciascun comune e, quindi, riservata alla competenza comunale;
  9. qualora in astratto ritenuta la direttiva 2006/123/CE self-executing, se tale immediata applicabilità possa ritenersi sussistere anche in concreto in un contesto normativo ? come quello italiano ? nel quale vige l?articolo 49 Codice della Navigazione (che prevede che all?atto di cessazione della concessione ?tutte le opere non amovibili restano acquisite allo Stato senza alcun compenso o rimborso?) e se tale conseguenza della ritenuta natura self-executing o immediata applicabilità della direttiva in questione (in particolare con riferimento a strutture in muratura debitamente autorizzate ovvero a concessioni demaniali funzionalmente collegate ad attività turistico ricettiva, come hotel o villaggio) risulti compatibile con la tutela di diritti fondamentali, come il diritto di proprietà, riconosciuti come meritevoli di tutela privilegiata nell?Ordinamento dell?Unione europea e nella Carta dei Diritti Fondamentali.

Invero, non ci si aspettava, nel merito, grandi novità, attesa la precedente ed esaustiva sentenza della medesima Corte nel citato giudizio del 14 luglio 2016 (Promoimpresa), nonché, sul versante nazionale, importanti sentenze nazionali che, a vario titolo, hanno confermato la decisione della Corte di giustizia UE. Men che meno ci si poteva attendere novità sul piano squisitamente istituzionale dei rapporti tra ordinamento eurounionale e ordinamento degli Stati membri, in particolare, sulla scelta del ?tipo? di direttiva da parte del legislatore europeo, ovvero, sui caratteri intrinseci di talune di esse e quindi degli effetti disapplicativi connessi, posto la sussistenza di una giurisprudenza della Corte UE consistente e costante in materia sin dagli anni ?70-?80.

Brevemente i tratti salienti della risposta della Corte ai quesiti del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia.

1) La Corte ricorda che, secondo giurisprudenza costante, lo spirito di collaborazione che deve presiedere al funzionamento del rinvio pregiudiziale implica che il giudice nazionale tenga conto della funzione attribuita alla Corte, che è quella di contribuire all?amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri consultivi su questioni generali o ipotetiche (sentenze del 3 febbraio 1983, Robards, 149/82, EU:C:1983:26, punto 19; del 16 luglio 1992, Meilicke, C-83/91, EU:C:1992:332, punto 25, e del 15 dicembre 1995, Bosman, C-415/93, EU:C:1995:463, punto 60). Pertanto, la Corte rifiuta di decidere sulla questione pregiudiziale proposta dal giudice del rinvio (quesito numero nove) quando appare, come nel caso di specie, in modo manifesto che l?interpretazione o il giudizio di validità del diritto dell?Unione che si richiede, non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l?oggetto del procedimento principale, giacché di natura ipotetica, ovvero, perché la Corte non dispone degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire, eventualmente, una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte sempre che connesse all?oggetto principale.

2) Circa l?obbligo di disapplicazione (quinta questione e seconda parte dell?ottava questione), è sufficiente rammentare che, secondo giurisprudenza costante della Corte, l?amministrazione, anche comunale, è tenuta, al pari del giudice nazionale, ad applicare le disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una direttiva e a disapplicare le norme del diritto nazionale non conformi a tali disposizioni (v., in tal senso, sentenze del 22 giugno 1989, Fratelli Costanzo, 103/88, EU:C:1989:256, punti da 29 a 33, nonché del 10 ottobre 2017, Farrell, C-413/15, EU:C:2017:745, punto 33). Di conseguenza, allorché il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività è limitato per via della scarsità delle risorse naturali utilizzabili, ogni amministrazione è tenuta ad applicare, in forza di tale disposizione, una procedura di selezione tra i candidati potenziali e a garantire che tutte le condizioni previste da detta disposizione siano rispettate, disapplicando, se del caso, le norme di diritto nazionale non conformi.

3) Dal che, seconda e quarta questione, se ne ricava che l?articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE deve essere interpretato nel senso che l?obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un?autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso tali da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti. In effetti già nella sentenza Promoimpresa la Corte ha chiarito il significato e la portata della norma stabilita da detta disposizione della direttiva, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore, ossia, conformemente all?articolo 44 di tale direttiva, a decorrere dal 28 dicembre 2009. Quindi, l?articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva, dispone in particolare che un?autorizzazione, quale una concessione di occupazione del demanio marittimo, sia obbligatoriamente rilasciata per una durata limitata adeguata e non possa, di conseguenza, prevedere la procedura di rinnovo automatico. Giacché, se é vero che gli Stati membri conservano un certo margine di discrezionalità qualora decidano di adottare disposizioni destinate a garantire concretamente l?imparzialità e la trasparenza di una procedura di selezione, è vero, nondimeno, che imponendo l?applicazione di una procedura di selezione imparziale e trasparente, l?articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 prescrive, in maniera incondizionata e sufficientemente precisa, un contenuto di tutela minima a favore dei candidati potenziali (v., per analogia, sentenze del 15 aprile 2008, Impact, C-268/06, EU:C:2008:223, punto 74, nonché del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C-397/01 a C-403/01, EU:C:2004:584, punto 105). Nel caso di specie, risulta dallo stesso tenore letterale dell?articolo 12, paragrafo 1, della direttiva che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un?adeguata pubblicità dell?avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

4) Dalla costante giurisprudenza della Corte risulta che, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise, i privati possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti di uno Stato membro, sia qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in diritto nazionale entro i termini, sia qualora l?abbia recepita in modo scorretto [v., in tal senso, sentenze del 19 gennaio 1982, Becker, 8/81, EU:C:1982:7, punto 25; del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C-397/01 a C-403/01, EU:C:2004:584, punto 103; del 17 settembre 1996, Cooperativa Agricola Zootecnica S. Antonio e a., da C-246/94 a C-249/94, EU:C:1996:329, punti 18 e 19, nonché dell?8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto), C-205/20, EU:C:2022:168, punto 17]. A tal proposito si deve rilevare, in primo luogo, che, secondo costante giurisprudenza della Corte, nell?ambito del sistema di ripartizione delle competenze dell?Unione, la scelta del fondamento giuridico di un atto non può dipendere solo dal convincimento di un?istituzione circa lo scopo perseguito, ma deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, quali lo scopo e il contenuto dell?atto. Se l?esame di un atto dell?Unione dimostra che esso persegue una duplice finalità o che ha una doppia componente e se una di queste è identificabile come principale o

preponderante, mentre l?altra è solo accessoria, l?atto deve fondarsi su una sola base giuridica, ossia quella richiesta dalla finalità o componente principale o preponderante. In via eccezionale, ove sia provato che l?atto persegue contemporaneamente più obiettivi tra loro inscindibili, senza che uno di essi assuma importanza secondaria e indiretta rispetto all?altro, tale atto dovrà fondarsi sulle diverse basi giuridiche corrispondenti. Il cumulo di due basi giuridiche è però escluso quando le procedure previste dall?una e dall?altra base giuridica sono incompatibili. Nel caso di specie, poiché l?articolo 94 CE prevedeva un voto all?unanimità del Consiglio mentre, ai sensi dell?articolo 47, paragrafo 2, prima e terza frase, CE e dell?articolo 55 CE, il Consiglio avrebbe dovuto deliberare a maggioranza qualificata, il cumulo di tali basi giuridiche è risultato a detta della Corte impossibile. Come risulta da una giurisprudenza costante, qualsiasi misura nazionale adottata in un settore che è stato oggetto di un?armonizzazione esaustiva o completa a livello dell?Unione deve essere valutata in rapporto non alle disposizioni del diritto primario, ma a quelle di tale misura di armonizzazione (sentenze del 12 ottobre 1993, Vanacker e Lesage, C-37/92, EU:C:1993:836, punto 9; dell?11dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband, C-322/01, EU:C:2003:664, punto 64, nonché del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a., C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558, punto 59). Conformemente alla massima lex specialis derogat generali dal momento che esisteva, nel Trattato CE, una disposizione più specifica che poteva fungere da

base giuridica dell?atto di cui trattasi, quest?ultimo doveva fondarsi su tale disposizione (v., per analogia, sentenza del 29 aprile 2004, Commissione/Consiglio, C-338/01, EU:C:2004:253, punto 60). Il legislatore dell?Unione ha quindi correttamente privilegiato l?articolo 47, paragrafo 2, prima e terza frase, CE e l?articolo 55 CE, rispetto all?articolo 94 CE (seconda e quarta questione).

5) Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l?articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che esso si applica unicamente alle concessioni di occupazione del demanio marittimo che presentino un interesse transfrontaliero certo. A tal proposito la Corte ha già avuto modo di dichiarare più volte, in base a un?interpretazione letterale, storica, contestuale e teleologica della direttiva 2006/123, che le disposizioni del capo III di quest?ultima, relativo alla libertà di stabilimento dei prestatori, le quali includono l?articolo 12 di tale direttiva, devono essere interpretate nel senso che esse si applicano, in particolare, a una situazione i cui elementi rilevanti si collocano tutti all?interno di un solo Stato membro. (v., in tal senso, sentenze del 30 gennaio 2018, X e Visser, C-360/15 e C-31/16, EU:C:2018:44, punti da 99 a 110, nonché del 22 settembre 2020, Cali Apartments, C-724/18 e C-727/18, EU:C:2020:743, punto 56). Ne consegue che l?articolo 12, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso non si applica unicamente alle concessioni di occupazione del demanio marittimo che presentano un interesse transfrontaliero certo.

In conclusione, l?articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso non si applica unicamente alle concessioni di occupazione del demanio marittimo che presentano un interesse transfrontaliero certo. L?articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un?analisi del territorio costiero del comune in questione. Dall?esame della Corte non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della direttiva 2006/123 alla luce dell?articolo 94 CE. L?articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che l?obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un?autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti. Infine, l?articolo 288, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che la valutazione dell?effetto diretto connesso all?obbligo e al divieto previsti dall?articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 e l?obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie incombono sia ai giudici nazionali sia alle autorità amministrative, comprese quelle comunali.

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